L'ora del «social lending», il prestito si fa sociale sezione Economia, de L'Unità, articolo di Roberto Rossi Quando leggerete questo articolo “Vanda” avrà già comprato la sua nuova cucina, “Musashi 1963” avrà diversificato «la produzione da agrumi in piantagione di pesche», mentre “Mivi” avrà superato il «suo momento di difficoltà economica per continuare nell’attività di vendita di articoli per animali». “Anna 09”, invece, avrà pagato la retta dell’asilo della figlia, dopo essere stata «abbandonata dal padre della bambina con molti conti in sospeso», e chiuso definitivamente «la carta di credito». Spesso un piccolo prestito può cambiare il corso della vita. Vanda, Musashi, o Anna però non hanno usato i canali tradizionali. Non sono andati in banca o in un istituto di credito. Hanno chiesto e ottenuto i soldi da altri privati. Questa particolare forma di finanziamento si chiama “social lending” o “prestito sociale”. È nata sette anni fa in Gran Bretagna e si è sviluppata rapidamente negli Stati Uniti, dove ormai rappresenta il 2% dei crediti personali (il Lending Club, a d esempio, eroga prestiti per quasi settecento milioni di dollari), ma anche in Cina. È una forma alternativa di prestito, che offre tassi solitamente più vantaggiosi perché avviene, appunto tra privati ed è fatto senza la classica intermediazione bancaria. Il luogo di incontro della domanda e dell’offerta è il web, attraverso piattaforme in mano a società specializzate. In Italia lo scambio tra privati è arrivato tardi e sta prendendo piede con qualche difficoltà. I prestiti arrivano a male pena a qualche milione di euro quando il mercato del credito al consumo nel 2011 ha toccato i 19 miliardi di euro. Anche gli utenti non sono molti. Tra chi presta e chi chiede non si arriva a diecimila persone. E ci sono solo poche società in grado di mettere in contatto prestatori e richiedenti. Le più importanti sono tre: “Prestiamoci”, la community on line di Vanda, Mivi e gli altri, nata nel 2010, che ha fra i suoi investitori anche la tedesca Smava e Banca Sella, “Boober” del gruppo Centax e “Smartika” che fa riferimento a Zopa (acronimo di Zone of possible agreement) società nata in Inghilterra nel 2005. Il rating personale Il meccanismo che regola il social lending non è complicato. La richiesta di un prestito deve essere compresa tra mille e 25mila euro. Chi presta, invece, può arrivare a mettere 50mila euro. Alcune società legano il richiedente a una classe di merito creditizio. Una sorta di sistema di rating personale. Basato sulla solvibilità e capacità reddituale. Più sono alte e più il tasso è basso. Non è facile ottenere un prestito tanto che due terzi delle domande non vengono accettate. Una volta ottenuta l’autorizzazione si decide in quanto tempo spalmare la propria richiesta. Di solito non si superano i 48 mesi. Lo stesso ragionamento vale anche per chi presta. Che decide non solo il quanto ma anche la durata. Il suo investimento viene diviso, poi, in 50 richieste differenti così da diminuire il rischio. Ci sono piattaforme, come Prestiamoci, che fanno partecipare all’investimento. Cioè ti offrono la possibilità di scegliere dove investire una quota del tuo denaro. Se, ad esempio, contribuire alla cucina di Vanda o alla piantagione di Musashi 1963. Un progetto per 15 giorni In questo particolare sito, poi, la richiesta di prestito resta in evidenza fino a che non raggiunge il 100% della sua copertura, ma questo deve avvenire entro 15 giorni. Dopo di che, se il progetto non raggiunge l’obiettivo, viene eliminato. Le tipologie dei prestiti richiesti non variano molto. Secondo Smartika è così composta: il 34% per la casa (lavori, mobili), il 32% per il consolidamento dei debiti, il 12% per l’acquisto di auto o moto, il 10% per elettrodomestici o computer, 12% è classificato sotto la voce “altro” che raccoglie anche le spese mediche e i matrimoni. Chi accede a queste particolari forme di finanziamento di solito sono gli uomini. Tra i richiedenti le donne sono solo il 25%. Percentuale che scende al 10 tra i prestatori. L'età di questi ultimi è tra i 30 e i 45 anni. E sono divisibili in tre macro categorie: quello che vuole sperimentare il web investendo al massimo mille e duemila euro, l’antibanca o l’etico, a cui piace l’aspetto sociale del fenomeno, e i professionisti che considerano il social lending uno strumento molto redditizio. I suoi principali punti di forza sono la velocità e, secondo i numeri forniti dalle società, la convenienza. I tassi di interesse sono compresi tra una forchetta di 6,3 e 10,4 per cento, mentre il tasso medio bancario è dell’11,4%. Con questi numeri il risparmio medio è di circa il 30%. Ma non è tutto oro quello che luccica. Due anni fa la rivista Altroconsumo sperimentò con poco successo l’offerta di un prestito offerto di social lending di 2.000 euro da restituire in 24 mesi, per compararlo con altre offerte anche bancarie. Calcolò che il Tasso anno effettivo globale (Taeg) offerto da Prestiamoci per questa soluzione era del 9,94%. «Se dovessimo considerare anche i costi di iscrizione raggiungiamo un Taeg del 12,74%», spiegavano nell’inchiesta. Meglio armarsi di pazienza, sosteneva, la rivista e andare a trovare la miglior offerta in banca. Ma in quel caso non avremmo potuto aiutare Vanda.