Sempre più studi dimostrano come il nostro sistema alimentare non sia sostenibile. Ecco cosa possiamo fare per migliorarlo
Il cibo è essenziale per la vita. Costituisce anche una parte importante della nostra identità culturale e svolge un ruolo importante nell’economia. Le persone sono consapevoli che il cibo che mangiano è un fattore che influenza la loro salute, ma ciò che è meno noto è l’impatto che produce il cibo sulle risorse del mondo e quante ne consuma.
Accanto alle auto che guidiamo e all’energia che usiamo per riscaldare le nostre case, il cibo che produciamo e consumiamo ha un impatto significativo sull’ambiente attraverso, per esempio, le emissioni di gas serra, l’uso della terra e delle risorse idriche, l’inquinamento, l’esaurimento del fosforo e l’impatto di prodotti chimici come diserbanti e pesticidi.
Il nostro sistema alimentare non è sostenibile?
Un numero crescente di analisi mette in discussione la sostenibilità a lungo termine delle attuali tendenze nella produzione e nel consumo di cibo. Un importante comitato consultivo sul futuro dell’agricoltura, composto da esperti degli Stati membri dell’UE (noto come il comitato permanente per la ricerca agricola, SCAR) ha concluso nella sua ultima relazione che:
“Molti dei moderni sistemi di produzione alimentare compromettono la capacità della Terra di produrre cibo in futuro. A livello globale, e in molte regioni, inclusa l’Europa, la produzione alimentare sta superando i limiti ambientali o è vicina a farlo. La sintesi di azoto supera il limite planetario per il fattore quattro e l’uso di fosforo ha raggiunto il confine planetario. Cambiamenti nell’uso del suolo e degrado del suolo, e la dipendenza dall’energia fossile contribuisce a circa un quarto delle emissioni di gas serra. L’agricoltura, inclusa la pesca, è il principale fattore di perdita di biodiversità. A livello regionale, l’acqua estratta dall’irrigazione supera il rifornimento della risorsa.”
La volatilità dei prezzi, le restrizioni all’accesso e l’interconnessione dei mercati globali delle materie prime, nonché la crescente vulnerabilità dei sistemi di produzione alimentare ai cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità, renderanno il cibo ancora più inaccessibile per i poveri in futuro.
La dieta media occidentale con elevate assunzioni di carne, grassi e zuccheri rappresenta un rischio per la salute individuale, i sistemi sociali e i sistemi di supporto vitale per l’ambiente.
Cosa guida il nostro sistema alimentare?
Il sistema alimentare è molto complesso ed è guidato da molti fattori economici, culturali e ambientali. Una migliore comprensione di questi driver e il loro modo di interagire potrebbero contribuire a migliorare le politiche pubbliche.
Quanto alle tendenze globali della popolazione e dell’affluenza si prevede che la popolazione globale aumenterà fino a circa otto miliardi entro il 2030 e oltre 9 miliardi entro il 2050, creando domanda per un’alimentazione più varia e di alta qualità che richiede risorse aggiuntive per produrre. Allo stesso tempo, una parte significativa della popolazione mondiale soffre di malnutrizione o sottonutrizione.
I prezzi del cibo sono vicini ai livelli record. La FAO ha classificato l’ora attuale come una “nuova era dell’aumento dei prezzi alimentari e della diffusione della fame”, sottolineando che “le scorte di cibo si stanno stringendo ovunque e la terra sta diventando la merce più ricercata mentre il mondo passa da un’era di abbondanza alimentare a uno di scarsità.”
Inoltre i cambiamenti nella dieta negli ultimi decenni hanno visto una tendenza verso diete meno sostenibili e meno salutari, con i cittadini europei che consumano “troppa energia, troppe calorie, troppi grassi, zuccheri e sale“.
Come possiamo procedere verso un sistema alimentare più efficiente sotto il profilo delle risorse e sostenibile?
Sempre secondo gli esperti, per rendere sostenibile in nostro sistema alimentare, bisognerebbe mettere in campo queste risorse e strategie:
- Migliori conoscenze tecniche sull’impatto ambientale del cibo
- stimolare la produzione alimentare sostenibile
- Promuovere il consumo alimentare sostenibile
- Ridurre gli sprechi e le perdite di cibo
- Migliorare la coerenza della politica alimentare
Due delle risposte più immediate, e nello stesso tempo efficaci alla crescente insostenibilità del nostro sistema alimentare sono sicuramente quelli della Filiera corta e del KM 0.
La filiera corta nasce infatti per valorizzare la qualità della nostra agricoltura, ridurre i costi delle intermediazioni e per incentivare e promuovere il consumo di prodotti tipici, accorciando le distanze fra produttore e consumatore. Questo concetto abbinato a quello del KM 0 vanno affermandosi come modalità alternativa per produrre e vendere prodotti alimentari di qualità.
Attraverso la vendita direttamente sul luogo di produzione si ha il vantaggio per il produttore di avere margini di guadagno più elevato e per il consumatore quello di riuscire a consumare prodotti sempre freschi e di qualità, migliorando la nostra educazione alimentare.
Un altro importantissimo cambiamento favorevole è quello ambientale, essa infatti grazie alla netta riduzione dei trasporti e del traffico garantisce un risparmio energetico e la riduzione di imballaggi inquinanti.
Si valorizzano così le coltivazioni e le aziende che operano nel territorio limitrofo, proteggendo la biodiversità e le tipicità.
La filiera corta e il chilometro zero in Italia
La prima regione in Italia che ha fatto suo questo principio è stato il Veneto che già nel 2008 ha varato una legge per regolare le attività di distribuzione e ristorazione che, in percentuali comprese fra il 30 e il 50%, si approvvigionano di prodotti di origine locale. Adottando questa politica anche nel campo della ristorazione è aumentata la qualità dei servizi e si è favorita la rinascita del mercato agricolo.
Attraverso il concetto a noi molto caro di “sharing” cioè di condivisione, sono nati poi veri e propri gruppi di acquisto organizzati spontaneamente, che applicano principi di equità, solidarietà e sostenibilità ai propri acquisti. Tali gruppi sono poi stati riconosciuti e normati dalla Finanziaria del 2008 attraverso la Legge n° 244 del 2007 ai commi 266 e 267 del suo articolo 1°, che ha definito e disciplinato il fenomeno dei “gruppi di acquisto solidale” dei consumatori, vale a dire “di quei soggetti associativi senza scopo di lucro costituiti al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni (ma non di servizi) e distribuzione dei medesimi, senza applicazione di alcun ricarico sul prezzo di acquisto della merce, esclusivamente agli aderenti, con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di qualsiasi attività di somministrazione e di vendita, cioè di commercio all’ingrosso o al dettaglio, sempre di beni” (comma 266).
Cambiare le nostre abitudini può quindi essere un vantaggio sia per il nostro benessere che per quello dell’ambiente in cui viviamo, per poter provare, il primo passo potrebbe essere cercare attraverso questi due link i gruppi di acquisto solidale a voi più vicini e ovviamente “condividere” (concetto a Prestiamoci molto caro) le vostre scelte.