Nella difficile situazione che stiamo vivendo a causa dell’emergenza Coronavirus, si sente ripetere spesso l’espressione “crisi economica”.
In quest’ottica poco auspicabile, vogliamo ricordare quella che fu una delle più grandi crisi economiche mondiali: la Crisi del ’29, quando l’economia globale venne colpita, riducendo produzione, occupazione, redditi, salari, consumi e risparmi.
La Crisi del ’29 ebbe inizio con il cosiddetto Crollo di Wall Street, avvenuto il 29 Ottobre 1929 presso lo Stock Exchange, sede del mercato finanziario più importante per volume di scambi. Qui, il prezzo delle azioni di numerosissime imprese (come la famosa General Electric) precipitò e, quel giorno, 16 milioni di azioni vennero frettolosamente scambiate e il valore delle stesse calò per un importo totale di almeno 10 miliardi di dollari.
La crisi colpì soprattutto la media borghesia che, nel corso degli anni Venti, aveva investito i propri risparmi e sostenuto la domanda di beni di consumo durevole, un settore che, proprio per questo motivo, a quel punto era fortemente in crisi.
La situazione
Dopo la Grande Guerra, gli Stati Uniti d’America avevano vissuto anni di prosperità socio-economica, anche grazie al fatto che il settore automobilistico aveva rilanciato l’economia generale.
Un periodo di grande produttività, salari inalterati, prodotti a prezzo fisso avevano favorito per anni gli investimenti. Nonostante questo periodo così florido, agli investimenti e alla crescente produttività non corrispondeva però una crescita del potere d’acquisto.
La stretta interconnessione tra settore industriale e bancario fece sì che, nel momento del crollo della borsa, molti piccoli risparmiatori decisero di ritirare immediatamente dalle banche il proprio denaro. Una scelta che diede origine ad una crisi di liquidità. L’insolvenza delle banche trascinò nella crisi molte delle aziende in cui le banche stesse avevano investito.
Ciò che ne conseguì fu una successione di licenziamenti, chiusure e ridimensionamenti. L’economia americana era bloccata, anche perché, a causa del calo dei consumi si palesò una crisi di sovrapproduzione, con un conseguente calo della produzione che scese quasi al 50% tra il 1929 e il 1932.
Quali furono le cause?
Negli anni appena successivi alla Prima Guerra Mondiale, la ripresa economica era stata resa possibile grazie ai soli risparmi accumulati negli anni passati dalla media borghesia e dai bassi tassi di interesse.
Un secondo problema fu rappresentato dal sistema finanziario. Non vennero mai introdotti limiti alle attività speculative delle banche e della borsa valori. Questo perché gli acquirenti volevano detenere diversi titoli, non tanto per ottenere dividendi (e quindi profitti), ma per aumentare il proprio capitale.
Cosa significa?
Si comprava per rivendere, senza preoccuparsi della qualità dei titoli. A tutto ciò va aggiunto il fatto che i rappresentanti delle holding che detenevano portafogli di azioni e obbligazioni, per spingere i risparmiatori ad acquistare titoli, rilasciavano dichiarazione false con previsioni troppo ottimistiche.
Basti pensare che dal 1920 al 1929 gli investimenti azionari triplicarono il loro volume e gli indici di borsa salirono, dal 1926 al 1929, da 100 a 216. Eppure, all’aumento del valore delle azioni industriali non corrispondeva un effettivo aumento della produzione e della vendita dei beni.
Quali misure vennero adottate?
Le soluzioni proposte si limitarono, inizialmente, a stimolare la spesa in opere pubbliche e fare pressioni su aziende e industriali per non ridurre i salari. In questi anni vennero create delle corporazioni per sostenere e stabilizzare i prezzi in caduta.
La ripresa vera e propria iniziò solo nel 1933, quando venne eletto Presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosvelt. Il programma di forti riforme economiche e sociali messe in atto, il New Deal, prevedeva alcuni punti:
- Per ridurre i debiti e facilitare le esportazioni venne abbandonata la parità aurea e si svalutò il valore del dollaro.
- Per riassorbire la disoccupazione vennero promossi lavori pubblici.
- Si scelse di tassare maggiormente i ceti abbienti e redigere un sistema di assicurazioni sociali per le classi lavoratrici.
- Aumento del salario minimo.
- Diminuzione delle ore lavorative nelle fabbriche.
- I datori di lavoro e gli imprenditori furono obbligati a riconoscere i sindacati operai.
- Controllo del sistema bancario, della Borsa e del mercato azionario.
La svalutazione del dollaro, autorizzata dal Congresso, stimolò la spesa pubblica e il programma di riforme economiche e sociali contribuì a risanare la situazione economica americana.
Allo stesso tempo, stimolando la spesa pubblica, Roosvelt riuscì a occupare forza lavoro disoccupata, spingendo la domanda di beni di consumo, quindi si riavviò il processo produttivo.