La parola del nuovo anno è downshift… ora si rallenta Da Il Fatto Quotidiano – blog di Enrico Verga Ho pensato di aggiungere una nuova parola al mio vocabolario: downshift. Il concetto è semplice: rallentare, rimodulare le spese, accontentarsi di gioie più piccole, diciamo di felicità che non implicano una carta di credito. Resta da decidere come e dove “tagliare”: tolti cinema, abiti firmati e cene al ristorante la crisi sta imponendo una rivisitazione drastica della propria pianificazione economica. Serve un approccio che non sia solo quantitativo (spender meno) ma, soprattutto, qualitativo (spender meglio). L’argomento è quanto mai vasto e trattarlo in una singola sessione credo sarebbe riduttivo. Ho pensato quindi di partire dalla voce “risparmi e investimenti”. Il concetto di finanza personale è qualcosa che deve divenire familiare se si fa una scelta che va verso il downshift. La recente crisi ha permesso alle persone di ripensare la propria sfera finanziaria, iniziando a scegliere strade nuove e più innovative. Per essere un buon investitore è necessario anche essere un buon risparmiatore. Soprattutto bisogna focalizzarsi sull’obiettivo d’investimento e diventare progettuali e sistematici nell’organizzare gli ambiti della nostra vita dove è necessario rinunciare a qualcosa per mettere da parte dei soldi. Girando in rete, in cerca di startup che non fossero solo la tipica “Ehi gente, abbiamo creato un’App per Iphone” ho scoperto MoneyFarm. Creata da ex manager bancari stufi della visione classica di risparmio e investimento (il recente caso Monte dei Paschi di Siena docet!) hanno creato un servizio di consulenza indipendente che propone una scelta d’investimento consapevole. Per dar maggiore supporto hanno creato un blog dedicato alla finanza personale dove ci sono consigli su come affrontare le piccole spese quotidiane o le incombenze finanziarie tipiche di qualsiasi italiano: dal mutuo alle spese per la scuola dei figli. Una soluzione “low-cost” per gestire i sudati risparmi. Per chi ha maggior appetito per gli investimenti, magari con un tocco più sociale, un nuovo settore sta emergendo in Italia. Il Social lending peer to peer è un evento relativamente nuovo da noi. Anche in questo caso il concetto è semplice: perché prestare soldi alla vostra banca (ricordate che de facto quando depositate soldi sul vostro conto, la banca li prende in prestito per le sue operazioni d’investimento di cui voi siete spesso ignoranti) che vi restituisce un tasso d’interesse pressoché minimale e non v’informa dove investe i vostri soldi? Non sarebbe meglio poter sceglier a chi prestar i soldi, e magari, guadagnare qualcosa in più? Con questa domanda in mente differenti startup nel mondo, e recentemente una in Italia, Prestiamoci, hanno creato un approccio virtuoso per investire nelle persone. Per chi ha necessità di contrarre un debito per piccole spese è fondamentale comprendere il tasso d’interesse. Chi presta (investe) vuole comprendere quanto possa esser conveniente investire i suoi risparmi, in modo intelligente, diversificato e perché no, dando risorse per crescere ad un altro cittadino. Chiariamoci qui non si tratta di fare beneficenza, chi presta soldi o chiede un prestito ha interessi da pagare o guadagnare, ma “con Prestiamoci invitiamo tutti a diversificare i propri investimenti diventando Prestatori, cerchiamo di aiutare le persone a comprare le cose giuste nel momento giusto quando divengono Richiedenti. In sostanza si tratta di valutare ogni opzione e di scegliere oculatamente la forma d’investimento o di finanziamento più adatta a ciascuno” dice Mariano, fondatore di Prestiamoci. “Non si tratta solo di pianificare un acquisto che non si riesce a pagare in contanti o delle occasioni in cui si pensa che una riserva di liquidità debba essere preservata per i più vari motivi, ma di riflettere quando indebitarsi possa essere utile e conveniente. Qualche esempio: i pannelli solari si ripagano da soli (Enel e stato permettendo!), un master per cambiare lavoro, il computer per tua figlia e l’apparecchio per i denti ci vorrebbe proprio. Insomma bisogna imparare a vedere la differenza tra la carta di credito usata senza criterio e la buona madre di famiglia che nel fare la spesa sceglie il negozio giusto e compra quello di cui ha bisogno, con uno stile di vita coerente con le sue possibilità e le necessità quotidiane.” Conclude Mariano. Il cambiamento di usi e costumi nella vita di tutti i giorni per gli italiani, in generale per gli occidentali, è un dato di fatto. Decidere come affrontare questo cambiamento è il compito che attende tutti noi.